Il genere umano ha un lato oscuro: la sua esistenza no n dovrebbe sorprendere.I giornali, la televisione, ne sono i più attivi portavoce; guerra da “pulizia etnica”, assassini di ogni genere, aggressioni, furti, sono espressione delle sue molteplici facce.Molti autori, Dostojevski, Shakespeare, Poe e Stevenson ne hanno scritto, facendo intravedere i demoni che si affacciano dai recessi più bui della nostra mente. In “Il cuore di Tenebra” J. Conrad ha scritto “anche le azioni più scoperte di un uomo hanno un lato segreto”.Nella vita reale non mancano gli esempi: S. Freud infatti studiò a fondo questo concetto e nel “Il disagio della civiltà” (1930) parla dell’essere umano come di una creatura dominata da forti istinti aggressivi e passioni primitive che portano allo stupro, all’incesto e all’omicidio e sono tenute a freno imperfettamente dalle istituzioni sociali e dal senso di colpa. Egli affermava infatti che la vita è governata da due passioni, l’istinto di vita e l’istinto di morte (amore e distruzione), riconoscendo nella distruttività umana una delle due fondamentali passioni umane (Fromm, 1973). Lorenz che nel “Il cosiddetto male” (1966) riprende la teoria freudiana affermando anche lui che l’aggressione non è altro che un istinto alimentato da una fonte di energia che scorre in continuazione e non necessariamente una reazione a stimoli esterni, è un’eccitazione interiore “incorporata” che cerca di scaricarsi e troverà comunque un modo per esprimersi. “È la spontaneità dell’istinto a renderlo così pericoloso” (Lorenz 1969). Lorenz inoltre fa la distinzione fra aggressione come carica innata per la sopravvivenza, utilizzata dagli animali per la selezione della specie e dell’aggressione come istinto “impazzito” nell’uomo che è stata trasformata in minaccia. Anche Fromm parlando di “aggressione” fa una differenza fra aggressione benigna, biologicamente adattativa al servizio della vita e aggressione biologicamente non adattativa e maligna. L’aggressione biologicamente adattativa si ha in relazione a minacce contro interessi vitali, è reattiva, difensiva; quella maligna, non adattiva, è caratteristica dell’uomo, è distruttiva, crudele, dannosa, le sue manifestazioni, omicidio e crudeltà, sono piaceri fini a se stessi, sono potenziali umani che affondano le radici nelle condizioni dell’esistenza umana. Questo lato oscuro ha sempre spaventato e affascinato allo stesso tempo e molti sono stati i film, i programmi televisivi, i libri che negli anni hanno parlato di omicidi, stupri e altre forme di violenza e aggressione. Il nostro lato oscuro non può essere né creato, né distrutto, può solo mutare di forma, può essere trattenuto nei pensieri e nei sentimenti, può essere reincarnato in attività utili, o può essere sfogato in modo distruttivo. Il serial killer viene descritto spesso come un vicino ideale, come un volto familiare, affidabile, la vittima di solito ha fiducia in lui non ne ha timore. Individui comuni, ben inseriti nella vita quotidiana; un’apparente normalità che nasconde un mondo “mostruoso, un contrasto che da sempre ha affascinato scrittori, psichiatri, criminologi, registi; l’inevitabile fascino del male, del predatore senza morale che va oltre la morale” (Marina Gorbesi ”I serial Killer”, pag 9; 1996).