“Dove fiorisce il silenzio” di Luca Guatelli a cura di Pietro Gagliardi

Camminando oltre il senso istituito… di Pietro Gagliardi

Ogni opera d’arte può essere definita in un certo senso interattiva, in quanto, per trovare compimento presuppone la presenza di un osservatore. A volte le relazioni biunivoche tra creazioni artistiche e fruitori ideali si perdono, provocando la cessazione dell’interattività propria di questo legame. Al contrario , le sculture di Luca Guatelli possiedono una sorta di sensibilità e autonomia, rendono tangibilmente percepibili i confini del “campo di accadimento” spazio-temporale, interagiscono con gli spettatori confondendosi con loro in un rapporto paritario.
Gli Alberi Scultorei coinvolgono gli astanti in un percorso sensoriale e senso-motorio all’interno di un ambiente che si tramuta di fatto in un bosco onirico, metafora della ricerca di se stessi e della propria consapevolezza. Si tratta di un modo per compiere un cammino, cercare l’illuminazione e affrontare il panico dell’ignoto provando a interpretare le zone oscure confrontandosi constantemente con le proprie qualità e risorse. La bellezza dell’albero, la sua commovente presenza, è una bellezza “statica” , che risponde a predeterminati processi naturali, ed è percepita in senso poetico dall’uomo in quanto essere cosciente. Ma questa forma atavica e primordiale, paradossalmente, può diventare un incipit della scultura.
<< Ridurre ai minimi termini, impoverire i segni per ridurli ai loro archetipi >>, è la celebre frase pronunciata da Germano Celant ed è il sunto che connette l’idea che sta alla base delle opere di Guatelli.
L’artista interscambia il materiale delle sue sculture rendendolo opera stessa; l’albero non è più materia da lavorare ma opera d’arte dalla quale si può reimparare a vedere il mondo. Una visione di speranza dovuta, appunto, agli alberi dai cui rami nascono dei fiori cartacei adornati di simboli indefinibili. Guatelli, infatti, evitando di cadere in un lettrismo che si serve di segni alfabetici riconoscibili , elude la calligrafia, mantenendo l’attenzione su quello spunto melodico e visionario che rende visibili i processi e le energie impercettibili del mondo vivente.
Al contempo da ogni scultura scende un laccio, la cui verticalità squarcia la forma naturale dell’opera come se fosse una lesione; rievocando così, seppur con materiali differenti, la teoria orientale del Kintsugi una tecnica dal potente valore simbolico che sottolinea come dalle ferite non solo si possa guarire, ma può renderci in qualche modo più “preziosi” .
Citando il filosofo americano Robert Nozick: “Respirare il mondo, magari talvolta sentire perfino che è il mondo a respirare noi, può essere un’esperienza profonda di non separatezza dal resto dell’esistenza”; siamo parte del mondo e dobbiamo reimparare a percepirlo.
Luca Guatelli ci fornisce il luogo in cui meditare.
Il luogo dove fiorisce il silenzio.